Talk:Gragnano Trebbiense

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1702-2002 TRECENTO ANNI DI VITA DELLA NOSTRA CHIESA L'edificio attuale sorge sulle rovine di uno preesistente, di cui si hanno notizie fin dal lontano 1131: in un documento in latino si cita una cappella dedicata a San Michele, dipendente della Pieve di Tuna. L'attuale edificio sacro fu edificato da Don Pietro Domenico Quintino Gobbi, parroco in Gragnano dal 1689 al 1702.Negli anni precedenti Don Gobbi era stato parroco a Centovera, ove aveva eretto la nuova chiesa; giunto in Gragnano, s'impegnò nella costruzione dell'attuale luogo sacro in sobrio stile barocco. Notevoli sono le somiglianze fra le due chiese, segno evidente che il progetto si può far risalire allo stesso architetto: non sappiamo però chi esso sia, se lo stesso Don Gobbi o altra persona. Alla scomparsa di Don Gobbi, l'edificio non è però completo: manca la facciata, il campanile e tutto l'arredo interno. Successore di Don Gobbi fu Don Corrado Campagnoli, parroco dal 1702 al 1730; giunto a Gragnano, inizia subito i lavori, affidando al pittore fiammingo Robert De Longe, uno dei più rinomati del tempo, la realizzazione del quadro del Patrono san Michele; fa inoltre realizzare il Crocefisso ligneo in cima all'altare maggiore e staccare gli altari delle quattro cappelle laterali. Nel periodo che regge la parrocchia vengono costruiti quattro confessionali in noce, di cui due ancora esistenti, e provvede alle suppellettili per le celebrazioni. Don Giovanni Battista Gobbi (1789-1817) s'impegno nella realizzazione dell'imponente campanile ed acquistò dalla basilica di Quartazzola (Gossolengo) l'altare maggiore che tanto pregio dona ancora oggi alla nostra Chiesa. La facciata che ammiriamo venne deliberata dal Consiglio dell' Opera Parrocchiale nel 1828. Le spese erano tutte a carico del parroco Don Giuseppe Bignami (1817-1848), che s'impegnava a terminare i lavori entro il Maggio 1829; il progetto della facciata era del geometra gragnanese Antonio Costantini. Don Bignami inoltre acquistò l'organo a canne e fece costruire la casa canonica. Nel 1937 l'arciprete Don Bartolomeo Emmannueli fece affrescare dal pittore Cesare Secchi la volta e decorare le pareti. Questo breve e incompleto excursus storico mette in evidenza l'affetto che legava i nostri padri alla loro Chiesa. Con la celebrazione del trecentenario Gragnano intende affermare che ancora oggi i suoi cittadini continuano ad amare la Chiesa parrocchiale e s'impegnano a mantenere la bellezza e ad accrescerne il decoro.

Il cranio squarciato (DIOCESI DI PIACENZA) Sei preti sono stati ammazzati qui, durante il periodo dell’occupazione nazifascista. Il primo aveva 32 anni. Figlio di un bracciante, lo ricordavano ancora mentre andava alla questua, onde ricavare dalla gente del suo paese i soldi sufficienti per continuare gli studi e farsi prete. Don Giuseppe Beotti era giunto così a reggere la chiesa arcipretale di Sidolo. Il 20 luglio 1944 fu fucilato insieme ad altri due confratelli. La domenica precedente, dall’altare, aveva avvertito la sua gente di stare in guardia dalla dottrina comunista. In quella zona montagnosa la propaganda partigiana portava già i principii marxisti. «Guardatevi dal comunismo — aveva detto — non perdete la fede». Ed aveva aggiunto: «So che queste cose che vi sto dicendo mi costeranno care, ma debbo dirvele egualmente». Poi terminò offrendo la sua vita a Dio per la salvezza dei suoi parrocchiani.

In un rastrellamento operato nei dintorni, un gruppo di gente venne a rifugiarsi a Sidolo. Anche don Francesco Delnevo ed il chierico Italo Subacchi corsero a Sidolo. Lo ritenevano un posto sicuro dentro l’Appennino. Don Beotti, il figlio del bracciante, accolse tutti. l’indomani giunsero inaspettatamente i tedeschi, forse erano stati avvertiti di quel gruppo di persone rifugiatesi qua.

Tra le tante pagine mai scritte della nostra storia recente vi è sicuramente quella che attiene alla vera e propria strage di sacerdoti operata da bande di partigiani comunisti, in particolare nel "triangolo rosso" emiliano, tra l'8 settembre 1943 (giorno dell'armistizio) e il 18 aprile 1948 (data delle elezioni politiche vinte dalla DC). Alcuni di questi religiosi furono uccisi per vendetta personale o perché avevano criticato ruberie, eccessi ed eccidi compiuti dalla "Resistenza rossa"; qualcuno era cappellano dei partigiani cattolici e si opponeva alle infiltrazioni comuniste. Quasi tutti furono "prelevati" di notte e mai più ritrovati; pochissimi hanno avuto giustizia in tribunale e molti sono stati diffamati. Si può certamente affermare che questi sacerdoti immolarono la vita per restare fedeli alla loro missione di apostoli di Cristo. A distanza di 60 anni il saggista Roberto Beretta prova a squarciare il velo di silenzio su queste efferatezze con il libro Storia dei preti uccisi dai partigiani (Piemme, Casale Monferrato 2005), volume che si consiglia a tutti i docenti di storia di buona volontà. Si propongono di seguito 120 nomi, ma certo i sacerdoti uccisi da componenti le bande partigiane, o presunti tali, sono di più. (Fonti della presente ricerca: Il Timone; Chiesa viva; Il mascellaro).


Don Giuseppe Beotti - arciprete di Sidolo (Piacenza). Ucciso il 20 luglio 1944.